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Le parole mettono in atto e definiscono una relazione. Questa può avere diverse caratterizzazioni. In presenza, a distanza così come in un documento, le parole hanno l’elevata potenzialità di generare effetti. Vi invito a riflettere su questo “ausilio” di noi umani, tenendo presente che possono manifestarsi come una carezza, ma anche come un pugno (ogni riferimento alla canzone di Adriano Celentano non è …casuale!). Tutto ciò influisce non solo nelle relazioni con gli altri, ma anche nell’equilibrio con noi stessi.
Le parole diventano un conforto, cura, ricarica, riconoscimento, complimento… La persona si sente oggetto di attenzione, con percezione di una coccola o di un abbraccio. Possono essere, o diventare, veicolo di accusa, critica, insulto… La persona si sente colpita da un oggetto contundente, pur in assenza di materialità nella relazione.
LA CONFEZIONE
Per capire come si generano queste situazioni, dobbiamo tenere presente un aspetto fondamentale: le nostre parole non arrivano “nude” al destinatario, bensì “confezionate”. Questi rivestimenti fanno capo a:
Questi elementi danno un sapore alle parole: calore o gelo, affettuosità o freddezza, accoglienza o distacco, attenzione o indifferenza, e così via. Pensiamo a una parola, proposta con diverse confezioni. Ad esempio il saluto “Buongiorno”. Può diventare un’espressione di accoglienza ma anche di fastidio e di rifiuto. È importante tenere presente questo aspetto, perché il nostro destinatario di primo acchito coglie proprio gli elementi esterni: la confezione indirizza il significato delle parole.
Questa dinamica avviene in tutte le relazioni, non solo quando c’è una presenza fisica. Fateci caso: al telefono è istintivo cogliere il sorriso nella persona che c’è all’altro capo del filo!
LA CONGRUENZA
Abbiamo un potere che può ritorcersi contro. Possiamo creare e cadere in tranelli verso noi stessi e verso gli altri, quando non siamo congruenti.
Ci sono casi in cui il nostro cervello si deve dipanare fra due categorie di obiettivi: quello razionale e quello emotivo. Ad esempio: invito a un incontro e contrarietà verso episodi pregressi. Cosa accade? Che i nostri canali espressivi emozionali sono più celeri di quelli razionali. Parallelamente, il cervello del ricevente è più solerte nel cogliere l’emozione rispetto al razionale. Morale? Un gran pasticcio. Da qui si creano situazioni sgradevoli, il cui esito non è solo incerto, ma anche critico.
LA DIFESA È IL CONTRATTACCO
Come rimediare? Semplice: investendo nella padronanza delle nostre competenze comunicative. Comunicare è una capacità innata. Consideriamola una buona base di partenza che, però, va coltivata. L’ingrediente principale è l’impegno nel creare una relazione, quella voluta e non affidata al caso.
È quindi nostra responsabilità individuale impegnarci al meglio.
Non buttiamo le parole al vento! Potrebbero far danno!