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In passato, abbiamo utilizzato il linguaggio in modo spontaneo, spesso adottando espressioni al maschile per riferirci a gruppi misti, senza porci troppe domande. Tuttavia, l'evoluzione della nostra società ci invita ora a riflettere su questo approccio e ad esplorare nuove modalità espressive.
Ad oggi questa modalità espressiva è messa sotto esame. Il tema del genere è diventato ricorrente nei confronti delle professioni. Alcune espressioni da sempre sono state al femminile: infermiera, segretaria. Per cariche di prestigio e di potere la tendenza è stata quella di mantenere il maschile. Ma oggi sono accettate anche: notaia, chirurga e medica, presenti nel vocabolario Treccani.
È un tema che merita attenzione: il linguaggio e i cambiamenti sociali vanno a braccetto, con influenze reciproche.
Per comprendere meglio questo dilemma, è utile fare un veloce ripasso della lingua italiana. Il sostantivo ha un genere: maschile o femminile. Non abbiamo il neutro. Per alcuni soggetti l’articolo dà evidenza al genere, come ad esempio il/la cliente, il/la giudice, il/la deputato. Per gli oggetti inanimati o astratti il genere è libero senza altro riferimento: il tavolo o la cassa. Quando non si vuole esplicitare il genere, si adotta il maschile sovraesteso, come termine omnicomprensivo.
Cosa sta accadendo adesso?
Ci sono nuove formule: mettere il doppio articolo, aggiungere alla fine della parola l’asterisco o il simbolo ə =schwa.
Il nostro linguaggio è soggetto a continui cambiamenti, il più delle volte in relazione a mutamenti della società: se così non fosse, la nostra lingua sarebbe già morta!
Quanto sta accadendo merita una riflessione e una posizione: troppo comodo dire che è una esagerazione o che esprimere al femminile una professione è cacofonico! Possono arrivare regole dall’alto che hanno scarsa valenza positiva. Ognuno, a livello personale, è tenuto ad assumere una posizione coerente con la propria visione.
Faccio notare che nella redazione di questo testo il correttore automatico mi ha segnalato errore nella dizione “la deputato”. Ci sono formule semplici. Ad esempio evitare l’uso delle parole “uomo” e “uomini” in senso generico. Ci sono tante alternative: personale, specie umana, popolazione. Oppure ricorrere all’aggettivo: “i diritti umani” invece di “i diritti dell’uomo”, “il corpo umano” invece di “il corpo dell’uomo”. Altra soluzione: clientela invece di cliente, cittadinanza invece di cittadini. Diventa lungo adottare la forma sdoppiata: i colleghi e le colleghe, etc. C’è un termine che consiglio: la persona!
Osserviamo i nostri automatismi con un corretto occhio critico. Dobbiamo tenere presente che il nostro modo di esprimerci esplicita non solo dei contenuti, ma anche la visione e l’interpretazione della realtà: la lingua è lo specchio della società.
Come sostiene Gianrico Carofiglio, "Le parole hanno il potere di produrre trasformazioni: possono essere, letteralmente, lo strumento per cambiare il mondo".
Pertanto, ti invito a prestare attenzione alla forza delle parole e ad esplorare nuove prospettive linguistiche.
Per concludere, ti incoraggio a condividere le tue riflessioni su questo argomento. Come membri attivi di questa discussione in evoluzione, la tua opinione è preziosa.